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Stupra 7 donne con la promessa di falsi provini
Con la promessa di partecipazioni televisive ed a film, dall’inizio dell’anno ha adescato, facendole venire a Roma, sette donne attraverso annunci pubblicitari su giornali nazionali e locali.

Una volta nella capitale, in hotel, dopo il provino fotografico, le ha narcotizzate e violentate. La polizia giudiziaria della Polaria dell’aeroporto di Fiumicino, dopo aver ricevuto a fine ottobre la denuncia di una slovacca 25enne, residente a Torino, è riuscita, dopo un mese e mezzo di indagini, ad individuare ed arrestare l’autore delle violenze, un latitante, Claudio Franciosi, 54 anni, di Roma, con l’accusa di violenza sessuale aggravata, lesioni personali aggravate e sostituzione di persona; nei suoi confronti pendeva un’ordine di esecuzione dovendo scontare una condanna ad otto anni inflittagli dalla Corte d’Appello di Roma per essersi reso responsabile già di reati per violenza sessuale, truffa, rapina ed estorsione.

Ad arrivare all’autore degli stupri sono stati gli uomini della squadra giudiziaria di Fiumicino, a seguito delle indagini avviate dopo la denuncia della giovane slovacca, all’ufficio di Pg dello scalo aereo della Capitale. La donna aveva incontrato nelle ore precedenti in albergo il Franciosi, latitante da circa un anno, da lei conosciuto con il falso nome di Carlo Onorati e contattato attraverso un annuncio riportato su un giornale locale di Torino, che richiedeva personale femminile per un provino cinematografico. L’uomo dopo averle fatto prenotare una stanza dell’albergo e con la promessa che poi avrebbe pagato lui le spese, l’ha raggiunta in camera dove ha messo in atto il suo “piano”, dopo averle fatta fare un provino fotografico, narcotizzata attraverso una bibita contenente un potente tranquillante e quindi violentata. La donna si è risvegliata dopo circa 10 ore, nuda sul letto, in stato confusionale e con dolori alle parti intime.




MICHELA
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Festini dei nostri quindicenni...
Che schifo! Mi piace questo articolo, meno le cose che racconta.
Speriamo che i nostri figli non siano così!

oknotizie.alice.it/go.php?us=930407985d786ed



MICHELA
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Otranto - Cane in mare con un masso al collo
L'hanno gettato in acqua ma la grossa pietra che gli avevano legato al corpo è finita sugli scogli. Due sub hanno notato il pastore tedesco stremato e l'hanno salvato
OTRANTO (LECCE) - Un cane finito sugli scogli con una fune attaccata al collo con all’estremità un grosso masso: è la scoperta che due giovani sub hanno fatto a Otranto mentre si stavano per immergere in mare. I due ventenni hanno subito notato il pastore tedesco stremato dal freddo, lo hanno raggiunto sulla scogliera e lo hanno portato in salvo. Le fasi del salvataggio le hanno rese note gli stessi subacquei, Marco e Matteo Maggio, intervistati dal Tg5.
Secondo il loro racconto, qualcuno ha tentato di lanciare il cane in mare in un punto in cui l’acqua è profonda quattro-cinque metri, ma il masso attaccato attorno al collo dell’animale è finito sugli scogli, trascinando il povero animale. Solo per questo motivo il pastore tedesco non è finito in acqua e se l’è cavata con un forte spavento.
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03/02/2007 23:05
 
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Mamma santissima che gente!



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Arabia Saudita: Violentata e pure condannata
www.pupia.tv/notizie/0001705.html



MICHELA
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Brasile,detenuta stuprata un mese

articolo
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non ho parole!



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30/11/2007 14:40
 
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"Ciccio me l'aveva detto: faremo una brutta fine"
Gravina, nell´ordinanza d´arresto del padre dei fratellini ricordata la volontà di scappare di casa
di Gabriella De Matteis
Mentiva. Cercava di giustificarsi e, alle domande più delicate, Filippo Pappalardi diceva, sempre, di non ricordare. «La labile memoria - scrivono gli agenti della squadra mobile nell´informativa - costituiva il tentativo estremo, l´ultima frontiera dietro cui offuscare alcuni risvolti del difficile rapporto che lui e la sua convivente avevano con i suoi figli». Francesco e Salvatore, appunto.

Il più grande aveva paura. Temeva per la sua vita. A tredici anni, con il fratello, parlava di scappare, di andare lontano. Lo dice un amico, ascoltato dalla polizia tre giorni dopo la scomparsa. «Più volte - racconta alla polizia - avevano manifestato la volontà di scappare di casa, soprattutto Ciccio perché avevano detto che la matrigna li picchiava». Anche Rosa Carlucci lo aveva spiegato. Agli investigatori e conversando con il suo compagno Nicola Nuzzolese. Il gip Giuseppe De Benedictis, nell´ordinanza, richiama un´intercettazione. La madre dei due fratellini parla con il suo convivente. Gli agenti della squadra mobile, coordinati dal dirigente Luigi Liguori, registrano lo scambio di battute.

«Il grande - dice Rosa Carlucci a Nuzzolese - me lo diceva, mamma noi a Gravina ritorneremo ma una brutta fine faremo. E infatti si sono trovate le parole di Ciccio». Filippo Pappalardi viene descritto, dal giudice, come «una persona violenta». Dalla polizia come un uomo «dal carattere impulsivo ed irascibile» che non ammetteva neanche «i maneschi metodi educativi che Maria Ricupero adottava». Nell´informativa, depositata il primo ottobre negli uffici della procura, c´è anche il racconto di un amico dei fratellini. «In un´occasione - ricorda - giocando a pallone, Salvatore si lamentò che non poteva prendere la palla con la testa. Quando gli chiesi cosa fosse successo mi rispose che era caduto, poi vedendo che non credevo alle sue parole in quanto l´ematoma era piuttosto grande e sicuramente non aveva potuto procurarselo cadendo, mi disse che la convivente del padre, lavando per terra, gli aveva casualmente dato la scopa in testa».


Parlando di Francesco, il gip Giuseppe De Benedictis dice: «Aveva già percepito con sicurezza di essere in pericolo di vita proprio a causa del padre». Le testimonianze, raccolte in più di diciotto mesi di indagine, raccontano il clima, l´ambiente familiare di Francesco e Salvatore. Scrivono gli agenti della squadra mobile: «Pappalardi, in pubblico ma specie in privato, ha sempre coltivato la violenza e la lunga sequela di infortuni che ha visto i figli ricorrere alle cure ospedaliere danno corpo alle inascoltate parole della Carlucci che si dichiara vittima, come i suoi figli della furia violenta dell´uomo».

L´autotrasportatore, classe 1966, da due giorni è in carcere. Il suo legale, l´avvocato Angela Aliani sta preparando un ricorso al Riesame. I giudici dovranno pronunciarsi sulla tesi, sostenuta dal procuratore Emilio Marzano e dal sostituto Antonino Lupo e fatta propria dal giudice per le indagini preliminari. Una tesi fondata prevalentemente su indizi. Ci sono le intercettazioni, le frasi captate dalle microspie, nonostante, all´indomani della scomparsa dei figli Francesco e Salvatore, Filippo Pappalardi fosse diventato sempre più prudente. Dal cellulare toglieva sempre la batteria per paura di non essere individuato.

Ma nella decisione di chiedere e disporre l´arresto pesano anche le contraddizioni in cui l´autotrasportatore è caduto durante la sua prima audizione nella veste di indagato. E´ il 22 maggio. Una data decisiva nell´inchiesta della procura. «L´interrogatorio di garanzia - scrivono gli agenti - ha definitivamente provato che l´indagato Filippo Pappalardi, la sera della scomparsa dei figli, allorquando aveva intrapreso le ricerche, aveva consapevolmente assunto comportamenti volti a non lasciare traccia dei suoi spostamenti». Per questo, alle domande sui movimenti di quel 5 giugno scorso, lui risponde spesso, dicendo di non ricordare.

Alla compagna Maria Ricupero, indagata per maltrattamenti, invece, dà l´ordine di non parlare. Anche lei deve essere ascoltata. E Filippo Pappalardi, così come dimostra un´intercettazione ambientale del 21 maggio scorso, dice: «Ti devono chiamare, tu... la facoltà di non rispondere... devi dire, la facoltà di non rispondere...». La donna, infatti, decide di non rispondere alle domande dei pm. Asseconda il compagno. Sul suo ruolo nella storia della scomparsa di Ciccio e Tore la polizia scrive: «Maria Ricupero ha intuito quanto accaduto e custodisce il segreto, ma non ha partecipato al crimine».
(29 novembre 2007)



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"Spia":12enne impiccato da talebani
L'esecuzione in un villaggio afghano

Un ragazzino di 12 anni è stato impiccato dai miliziani talebani nella provincia meridionale afghana di Helmand. Il ragazzo era accusato di spionaggio a favore delle forze della coalizione: secondo quanto riferito dalla polizia, il 12enne è stato impiccato a un albero nel villaggio di Haji Nizammudin. I talebani, finora, non hanno diramato alcun comunicato sulla vicenda.
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Avvocato di Hollwood faceva dormire la colf nella cuccia del cane
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12/03/2008 11:44
 
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La chirurgia plastica e la frontiera del nulla nel mondo delle finte bionde


Leggo con orrore la notizia, riportata dalla stampa ieri e dalle maggiori testate on line già da l’altro pomeriggio, secondo la quale una donna inglese desidera sottoporre la figlia affetta da sindrome di down ad un intervento di chirurgia plastica per eliminare dal volto della bambina i ‘segni’ della trisomia 21.
Leggo con orrore le motivazioni: secondo i genitori, raggiunto il diciottesimo anno d’età, la malcapitata Ophelia – e malcapitata a mio avviso per i genitori che ha, di certo non per la sindrome da cui è affetta – dovrebbe essere sottoposta ad un intervento (eseguito da parte di chi? Del papino chirurgo estetico?) rivolto a correggere la distanza interoculare, la sottigliezza delle labbra, le dimensioni del naso e del collo, la fuorisuscita della lingua. Il motivo è quello per cui, a detta sempre dei genitori, così la ragazza sarebbe più accettata dalla società.
Leggo con orrore e mi chiedo: e fino ai diciotto anni che cosa farà la piccola Ophelia? Attenderà pazientemente di assumere un aspetto ‘normale’ (che schifo di parola)? E i suoi genitori che faranno? Attenderanno pazientemente il giorno in cui la ‘diversità’ rispetto ad un modello potrà essere cancellata, senza affrontare a modo e a tempo opportuno i percorsi necessari, dolorosi, irti, faticosi, da intraprendere per lei? E per integrarla e farla ‘accettare’ dalla società cosa faranno? Attenderanno che i piccoli occhi leggermente all’insù e troppo distanti tra loro vengano standardizzati? E soprattutto in questo intervallo di tempo cosa le insegneranno?
Mi chiedo: quale orizzonte di vita, di comportamento, quale orizzonte laicamente etico proporranno alla bambina? Quello forse per cui il valore delle persone è strettamente connesso al loro aspetto e direttamente proporzionale ad esso? Quello per cui se sei alta, bella e slanciata la tua dimensione di persona è più rispettabile e di spessore non è così, poco importa il tuo mondo interiore?
E quando la bambina in attesa del diciottesimo anno d’età verrà guardata troppo per strada, cosa le diranno? ‘tranquilla che poi papà ti rimette e posto gli occhietti?’
E poi che fanno? Il ritardo mentale che in genere accompagna la sindrome come lo tamponano? O quello non fa niente perché passeggiando o in vacanza o al supermercato non si vede?
Io leggo e ho voglia di vomitare. Ho voglia di urlare lo schifo che provo, la vergogna che provo.
Ho voglia di urlare tutta la fatica di tante madri, di tanti padri, di tanti fratelli e sorelle, di tanti amici, di tanti professionisti che nel tempo hanno lottato, hanno salito scale i cui gradini erano di un’altezza immensa, sono caduti e si sono rialzati con un coraggio da leoni. Hanno combattuto la guerra dell’accettazione sociale, dell’integrazione condivisa, della solidarietà non pietistica, e le ferite di quella guerra sono e sono state le piaghe dei loro cuori, sono le pustole delle loro anime, ma sono anche le medaglie che dissetano la loro sete d’amore.
Ho voglia di urlare che fino a quarant’anni fa spesso le persone come Ophelia avevano come prospettiva di vita splendidi istituti isolati nel verde e che tante famiglie alle quali mai e poi mai sarebbe venuto in mente di raddrizzare un paio d’occhi hanno fatto passi da giganti, hanno talvolta rivoluzionato prospettive, hanno saputo creare, per le tante Ophelie del mondo, una dimensione di vita più che mai decorosa, e percorsi di crescita funzionali alla loro realizzazione personale.
Essere persone, forse è questo il problema. Non abbiamo più la capacità di essere persone ed accettarci per tali.
Quantomeno non la hanno i genitori di Ophelia.
Una persona è il mondo che ha dentro, non l’aspetto con cui ti si presenta. Le finte bionde in tenuta leopardata che a cinquant’anni hanno il volto tumefatto dal botulino e le labbra come canotti e a sessanta vanno in depressione perché non possono permettersi la ‘tiratina’ all’interno cosce non sono l’unico parametro dell’esistenza. Esistere è altro.
Esistere è essere Ophelia ed essere amata perché Ophelia. Forse di più perché down, senz’altro non di meno perché down. Un genitore per sua natura, fatte salve le debite eccezioni, ama i propri figli. Fatti salvi gli abusi: ed Ophelia è una bambina che già ha subito un abuso di gruppo, da entrambi i genitori. Perché le vogliono raddrizzare gli occhi




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Ho letto anch'io questa notizia sul giornale... e non è nemmeno la prima mamma che sento dire di voler sistemare gli occhi di un figlio affetto dalla sindrome di Down.
Io e la mia collega ci siamo guardate scuotendo la testa: davvero questi pensano di risolvere il "problema" della figlia sistemandole gli occhi?

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12/03/2008 16:00
 
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Ho riportato questo articolo sul blog Storie a modo mio e gli ho dato la visibilità che secondo me merita questa riflessione non banale.
Bravissima ioandrei, vorrei saper scrivere io riflessioni così profonde!
storieamodomio.blogspot.com/2008/03/la-chirurgia-plastica-e-la-fronti...



MICHELA
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12/03/2008 16:43
 
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.......non sono profonde, e sono solo poche rispetto a quelle ce ho riguardo alla vicenda in questione



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12/03/2008 21:40
 
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senza parole, è solo pazzia.



ANNA
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