[Calcio]Il calcio piange Facchetti

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(Rosy)
00lunedì 4 settembre 2006 20:49

Addio bandiera nerazzurra
Si è spento all'Istituto dei Tumori di Milano il presidente dell'Inter, grande terzino della squadra di Herrera e capitano azzurro degli anni '70. Aveva 64 anni
MILANO, 4 settembre 2006 - “Se ne è andata l’ultima bandiera”: frase sempre evocativa, spesso retorica e soprattutto fuori moda in un calcio business e senza anima. Ma questa volta possiamo proprio dire che l’ultima bandiera ha smesso di sventolare e, purtroppo, per sempre. Piange l’Inter, piange il mondo del calcio, per l’addio di Giacinto Facchetti, spentosi a 64 anni dopo una malattia dura e terribile, quanto veloce nel strapparlo ai propri affetti. Giacinto aveva scoperto il male solo pochi mesi fa: si è spento oggi all'Istituto dei Tumori di Milano. Lascia la moglie Giovanna e quattro figli: Barbara, Vera, Gianfelice e Luca (calciatore del Pergocrema in C2). Muore un mito, muore il capitano per eccellenza, ma si sa che i miti sono immortali e allora sembra di vederlo ancora lì. Sulla fascia sinistra ad interpretare per primo il ruolo di terzino fluidificante; a guardare la monetina che sanciva la vittoria italiana nell’Europeo casalingo del 1968; stampato per sempre nella formazione-mantra Sarti-Burgnich-Facchetti e via dicendo della Grande Inter di Helenio Herrera; monumento azzurro capace di accompagnare l’Italia attraverso 3 Mondiali con la folle e storica notte di Italia-Germania 4-3 a Messico ’70; e alla fine di recitare il ruolo di presidente nell’Inter di Massimo Moratti dopo aver fatto grande i nerazzurri di papà Angelo.
GLI INIZI Giacinto era nato a Treviglio, provincia di Bergamo, il 18 luglio 1942: non ha mai abbandonato le sue radici (abitava a Cassano d’Adda) perché amava vivere nel verde dove ritrovava l’equilibrio. Padre ferroviere, madre casalinga, un fratello e tre sorelle: ambiente sereno e pulito, il massimo per crescere una speranza. Il grande amore con l’Inter nasce però da uno “sgarbo”. Facchetti venne raccomandato a 16 anni da Meazza per un provino all’Inter, ma venne scartato dai soloni della società. Lui si rivolse all’Atalanta, firmò, ma un factotum della società milanese lo convinse a rimanere inattivo fino a novembre e quindi passare all’Inter. Era il 1958, l’inizio della leggenda. Lo spilungone di Treviglio strappato all’atletica, lavora sodo: mattina a scuola, panini al volo, poi di corsa alla stazione (accompagnato in bici dal papà), treno, tram, allenamenti e ritorno.
LA GLORIA Herrera lo vede e intuisce la stoffa del campione, fino a farlo debuttare il 21 maggio 1961 in Roma-Inter 0-2. La settimana dopo ancora in campo e partita sbloccata con un gol in Inter-Napoli 3-0. Facchetti cresce, supera le critiche di San Siro per una stagione opaca e nel 1963 si laurea campione d’Italia per la prima volta. E’ l’anno della conferma perché il 27 marzo debutta con l’Italia ad Instanbul con la Turchia (0-1). Non si sfilerà più la maglia azzurra: 94 presenze, 70 da capitano e 3 gol con il trionfo dell’Europeo 1968 e il titolo di vice-campioni del mondo nel 1970. Il Mago Herrera lo trasforma nel primo terzino-bomber della storia, il primo terzino fluidificante che attacca sulla fascia, il punto di riferimento di sua maestà Beckenbauer. Nel 1964 perde lo spareggio scudetto con il Bologna, ma si rifà con la Coppa Campioni e Intercontinentale. Il bis nel 1965 in Europa, nel Mondo e anche in Italia con il secondo scudetto. Il 1966 porta ancora tricolore e la prima fascia di capitano con l’Italia: a Milano il 1° novembre nel successo sull’Urss dopo la disfatta mondiale con la Corea del Nord (il ricordo più doloroso della carriera).
LA FAMIGLIA Le vittorie si accoppiano con lo stile, l’eleganza e la serietà. Il matrimonio con il nerazzurro è felice e nel 1967 si “affianca” a quello di vita con l’amata Giovanna, conosciuta in una balera di Rivolta d’Adda. Viaggio di nozze ad Orvieto: lui in caserma per servizio militare, lei in una pensioncina. I quattro figli coroneranno il sogno d’amore. Sul campo Giacinto gioca e vince: il quarto scudetto arriva nel 1971 e l’ultimo successo è la Coppa Italia del 1978, quando la carriera è al termine. Saluta il campo a 36 anni, il 7 maggio ’78 in Inter-Foggia 2-1 con un autogol: quasi una beffa del destino per il terzino goleador che aveva collezionato 475 partite in serie A con 59 gol (634 in totale con 75 gol), tutto con la maglia nerazzurra.
IL PRESIDENTE Dopo una brevissima parentesi di 9 mesi da vicepresidente dell’Atalanta nel 1980 (sempre il nerazzurro…), Giacinto rientrò in orbita Inter come dirigente nel 1985 con Pellegrini. Dieci anni dopo arriva Massimo Moratti: il simbolo è sempre al suo fianco, nel novembre 2001 diventa vicepresidente, soffre per il 5 maggio e dal gennaio 2004 è la bandiera del club. Miglior persona non si poteva trovare come 19° presidente dell’Inter, miglior carriera nerazzurra non poteva capitare al “Cipe”, come lo chiamava il Mago Herrera dopo che Buffon gli aveva storpiato il cognome in “Cipelletti” nel ’60.
L’UOMO Lascia un uomo tutto di un pezzo: venne definito “terzino e gentiluomo”. Troppo poco per un giocatore che chiuse la carriera con la Nazionale come capitano non giocatore nel 1978. Poteva ribellarsi ad un ruolo non suo: invece zero polemiche, aiutò sempre Bearzot nel Mondiale argentino e trovò la “gloria letteraria” nell’eroe di “Azzurro tenebra”, il romanzo di Giovanni Arpino, suo grande amico e padrino di Gianfelice. Il gigante che da piccolo sognava di fare il muratore, perché era felice quando dal primo piano di una casa in costruzione poteva tuffarsi su un mucchio di sabbia, chiudeva una carriera esemplare (un solo rosso per un applauso ironico all’arbitro Vannucchi nel 1975 con San Siro) tra i dolci ricordi e la consapevolezza di essere un simbolo del calcio italiano. Sempre a testa alta, in campo e fuori, amato dagli interisti e non solo. Ci mancherà, sembra retorica, ma non lo è.

(fonte=Gazzetta dello Sport)
(Rosy)
00lunedì 4 settembre 2006 20:51
Nazionale in Francia col lutto al braccio
MILANO, 4 set. - La Figc ha reso noto che mercoledì a Parigi contro la Francia l'Italia indosserà il lutto al braccio in onore di Giacinto Facchetti. Lo ha stabilito il commissario straordinario Guido Rossi per ricordare il presidente interista, già storico capitano azzurro. La Federazione ha anche comunicato di aver chiesto alla Uefa che prima di Francia-Italia sia osservato un minuto di silenzio.
Il ct Roberto Donadoni ha voluto esprimere così il suo cordoglio: “E’ un lutto che ci rattrista tutti. Ci lascia una persona straordinaria. Faccio le condoglianze a nome di tutto lo staff azzurro. Si tratta di una perdita che nel nostro ambiente peserà, siamo vicini alla famiglia”.
Ed ecco le parole di capitan Cannavaro: “Parlo a nome di tutta la squadra e rivolgo sincere condoglianze alla famiglia Facchetti. Per noi è stata una bella botta. Abbiamo perso un grande personaggio, un capitano esemplare. In questi giorni eravamo in continuo contatto con lui tramite Materazzi che ci informava costantemente delle sue condizioni. Mi onora averlo superato in presenze azzurre, ma lui resta sempre 'il capitano'”.
Tutte le partite di campionato del prossimo turno sui campi italiani saranno precedute da un minuto di raccoglimento.
ELIPIOVEX
00lunedì 4 settembre 2006 21:14
Purtroppo per gli uomini i sessan'anni sono un'età critica.
(Rosy)
00venerdì 8 settembre 2006 21:20
Mai più un 3 nerazzurro

L'Inter ha ufficialmente ritirato la maglia numero 3, indossata per 634 volte in carriera da Giacinto Facchetti, scomparso lunedì.

Nei giorni scorsi la società nerazzurra aveva fatto una richiesta ufficiale in questo senso alla Lega Calcio e alla Uefa: venerdi in via Durini hanno ricevuto la risposta affermativa da entrambe e ha quindi ufficializzato il ritiro del numero 3. Nicolas Burdisso, che aveva quel numero, indosserà ora il 16.

«Per me è un orgoglio essere stato l'ultimo calciatore dell'Inter ad aver indossato la maglia numero 3 – ha detto il difensore argentino -. Per me è un onore cambiare oggi il numero in rispetto e in ricordo di Giacinto Facchetti, un uomo, e non solo un presidente, che mi è stato molto vicino quando, anch'io come uomo, insieme con la mia famiglia, abbiamo attraversato un periodo difficile».

Roberto Mancini, tecnico dell'Inter: «Ci mancherà tantissimo. Era sempre con noi in traserta e noi continueremo come se fosse ancora accanto a noi. Uno come lui siederà sul trono degli immortali. Facchetti è un campione che non potrà mai uscire dalla storia del calcio, dell'Inter e della Nazionale. Giustissimo ritirare la sua maglia numero 3».




ELIPIOVEX
00venerdì 8 settembre 2006 21:32
hanno fatto un bel gesto
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