E la prima puntata è finita.
Della nuova serie più o meno – che si sia interessati o no – si hanno avuto notizie e informazioni. C’è anche la voce, forse troppo insistente per essere del tutto fondata (e la ritengo poco fondata anche da alcune cose di questa prima puntata), della morte di Mauro Belli.
Gli altri elementi di novità credo ci siano stati presentati tutti nei due episodi della serata di martedì: le nuove entrate, i cambiamenti eccetera.
E la prima puntata è iniziata come tutti sapevamo: Roberto Ardenzi che diventa commissario (con i gradi sbagliati sulla giacca, fa niente, ma erano sbagliati) e che seduto sulla scrivania che era stata popolata solo da donne fa un po’ strano, un po’ tenerezza. Solo per poco, però. Perché poi la puntata entra in un ritmo un po’ troppo caotico e serrato, in cui lui, talvolta trascinandosi appresso sottoposti ed ignoti, agisce troppo autonomamente, troppo di fretta e senza rispetto delle regole. Al limite della sospensione: fa niente.
Al di la della trama di quel primo episodio, che sarebbe troppo lungo riassumere e per la quale si può andare al sito – peraltro ben fatto, molto ben fatto – c’è da sottolineare, secondo me, la troppa velocità nella simulazione dei tempi, che spero non duri per tutta la serie. Mi spiego meglio: evidentemente, nella consueta sovrapposizione tra una storia orizzontale [evidentemente palesata alla fine del secondo episodio, nel quale si capisce chi sarà il ‘cattivo’, lasciando solo la curiosità del perché vuole vendetta] e vicende singole, forse nei primi due episodi ha vinto la fretta, e due casi, abbastanza complicati e spinosi, sono risolti in meno di una giornata. Un po’ troppo veloce per i miei gusti e per il rispetto alla verosimiglianza che a mio parere deve essere mantenuta anche nelle fiction.
Insomma, Ardenzi fa un po’ «Er capoccia» e la cosa è sottolineata da inquadrature uso «Gli intoccabili» o, per rimanere in casa nostra, i film di Sergio Leone, in cui pistoleri o investigatori camminano allineati con piglio deciso e feroce. E così ci troviamo che ne so Belli, Ardenzi, Luca e la nuova arrivata che incedono ripresi con la telecamera bassa. Ci mancano un po’ di polvere e la musica avvincente e siamo al centro di un western.
A proposito della nuova arrivata; Signori, nessun poliziotto nessun ministeriale, nessuna persona col cervello la chiamerebbe mai «ispettrice». È ispettore, che poi sia una donna va bene, ma ha superato un concorso da ispettore, l’ispettrice è quella scolastica, che nella mia infanzia veniva a controllare se avevamo le unghie pulite. Suvvia, una caduta di tono mostruosa.
Comunque la storia è andata, ivi compresa la prima ansia vissuta per Mauro Belli, catturato grazie alla leggerezza del suo commissario [che quando era donna non veniva chiamata commissaria, tanto per dire].
Più interessante il secondo episodio, con l’episodio di morte connesso a questioni che non vengono ancora del tutto risolte, e che vede l’arrivo (finalmente) del bimbo adottato dalla coppia Mauro-Germana.
Resta il mistero di come faccia un commissariato ad iniziare ad indagare senza interpellate la procura: forse per liberarsi dall’immagine delle due serie precedenti in cui il commissario Corsi chiamava il fetido procuratore anche per avere l’autorizzazione ad andare a fare pipì? Bah, spero che in corso d’opera raddrizzino il tiro, perché la fiction è ed è sempre stata molto buona e mi dispiacerebbe che cadessero su stupidaggini del genere proprio nel personaggio, per me caposaldo, di Ardenzi.
E alla fine dell’episodio ci si staglia davanti il cattivo, anzi la coppia di cattivi: padre e figlio, con il figlio interpretato dal biondino del Capitano, che faremo molta difficoltà a vedere nei panni del perfido.
Vi chiederete: ma allora non ti è piaciuta? Mi è piaciuta, mi è piaciuta molto, tuttavia l’ho sentita strana rispetto alle precedenti e ho individuato in quello che vi ho detto le cause della lentezza.
Il prodotto sembra buono, al solito, e girato complessivamente con cura.
Vediamo il resto